CRIMINOLOGIA e DIRITTO

SERIAL KILLER: il “mass murderer”di Sarzana

mass murdererSi uccise l’11 agosto del 1973, tagliandosi la gola con un coltello da cucina, dove aver assistito ad un programma televisivo dedicato ad alcuni serial killer americani. Un’azione inattesa che scrisse la parola fine all’esistenza di un uomo a cui vennero attribuiti 5 omicidi, compiuti nell’arco di 3 anni, quando aveva tra i 14 ed i 17 anni.
Nato a Francavilla al Mare nel 1922, Giorgio William Vizzardelli ebbe una educazione rigorosa. In particolare dal padre, uomo volitivo e di forte personalità, che svolse un ruolo dominante per tutti e sei i figli. Giorgio William, sin da ragazzino, dimostrò una particolare attenzione verso le armi da fuoco, individuando in Al Capone il suo mito che sperava, un giorno, di poter emulare. A 14 anni danneggiò alcuni locali della scuola che frequentava con il solo fine di ottenere dei giorni di sospensione.

Malgrado tutto, dagli inquirenti era considerato un ragazzo educato ma molto chiuso. Lui. però, risultava piuttosto intollerante alla scuola poiché lo disturbava tantissimo la disciplina. Nel 1937, all’età di 14 anni, compì il suo primo crimine, condotto con notevole violenza e totale disprezzo per la vita umana.

Prima uccise il sacerdote direttore del collegio presso il quale era iscritto, don Umberto Bernardelli, con tre colpi di pistola poiché da questo sorpreso a rubare nei locali della direzione. Benché camuffato, venne riconosciuto e, senza il minimo indugio, il giovane Vizzardelli freddò il direttore. Mentre cercava di guadagnare l’uscita, venne sorpreso e fermato dal custode, frate Bruno, anch’esso ucciso con la stessa arma. Il Vizzardelli sparò anche contro alcuni studenti incontrati durante il percorso, colpendone tre e ferendo gravemente uno di loro.

Nel modus operandi di questa prima impresa criminale, del Mostro di Sarzana, sembrerebbe di poter scorgere alcuni aspetti di quella tipologia omicidiaria tipica del cosìddetto mass murderer. che nel nostro linguaggio può essere tradotto con “omicida di massa”. Si tratta di un particolare tipo di delitto nel quale un individuo uccide, o tenta di uccidere, diverse persone durante un unico evento e in un solo luogo. L’F.B.I. parla di mass murderer quando ci sono 3, 4 o più vittime. Per convenzione dalla definizione sono escluse le stragi di tipo terroristico, mafioso o di guerra. Nel Crime Classification Manual, pubblicato nel 1992 proprio dall’F.B.I., l’omicidio di massa è inserito nella categoria authority killing (omicidio a scopo di rivendicazione contro l’umanità): il soggetto uccide persone che hanno una relazione di autorità, simbolica o reale con lui, perché è convinto di aver subito torti da parte loro. Le vittime, infatti, vengono scelte in quanto simboli dell’istituzione che si vuol colpire. In generale, quindi, il mass murderer s’impone la “missione” di uccidere coloro che considera suoi nemici, dimostrando un totale disinteresse per i beni materiali, aspetto questo che nel Vizzardelli appare invece essere il motivo dominante del suo piano criminale. In genere i mass murderer non cercano di nascondere la loro identità e sono portati a continuare la loro opera distruttiva fino a quando non vengono fermati. Quasi sempre si avvalgono di armi da fuoco, anche molto potenti, al fine di fare più danni possibile e riuscire così a colpire il maggior numero di vittime. Nel comportamento del mass murderer possono essere scorti segnali ed indizi del comportamento paranoide, che si evince anche attraverso un’accentuata mania di persecuzione. Non esiste una causa unica che spieghi il massacro di massa, esistono invece fattori predisponenti a lungo termine e fattori precipitanti situazioni che, insieme, concorrono a determinare la micidiale esplosione. Tra i fattori predisponenti più comuni, va segnalato lo stato di malattia mentale vera e propria, Spesso, il mass murderer soffre di schizofrenia paranoide, una psicosi caratterizzata da allucinazioni, per  la maggior parte del tipo uditivo, deliri di grandezza o di persecuzione, idee religiose strampalate, atteggiamenti sospettosi, ostili ed aggressivi. Nella paranoia, solitamente, si alternano periodi di depressione a periodi di euforia. La depressione è il momento più pericoloso, in quanto è proprio allora che può determinarsi il crimine. Il paranoico, infatti, è convinto di essere perseguitato ed identifica in persone estranee ai suoi deliri la fonte dei suoi mali. Col passare del tempo diventa il mondo intero il suo nemico e, per questo, va distrutto.

Nel caso di Vizzardelli, il mondo da distruggere era circondato da un ambito ristretto in cui i nemici penetrano nella sua vita ponendosi come ostacoli, atti a mettere in crisi il suo progetto distruttivo. Analizzando il suo primo delitto (il direttore del collegio) possiamo notare una attività omicidiaria in cui appaiono evidenti i temi tipici del modello teorico: infatti la vittima venne uccisa perchè rappresentava il potere contro il quale l’assassino aveva maturato un desiderio di vendetta. L’omicidio immediatamente successivo a quelli tentati nei confronti degli studenti, furono situazioni motivati dalla necessità di fuggire senza essere riconosciuto.

Possono essere considerati necessari anche i delitti successivi. Le vittime furono Ivo Delfini, che pare sapesse dei crimini del Vizzardelli e lo ricattasse; l’altro era Bruno Veneziani, che si trovava in auto con il primo e venne ucciso perché diventato uno scomodo testimone. Un duplice omicidio per necessità, determinato dal bisogno di nascondere la propria identità.

Nel Vizzardelli, quindi, non era assente un istinto di autoconservazione che si attanagliava parzialmente al modus operandi del mass murderer. Il suo atteggiamento risulta molto conforme a quello di un criminale mosso da precise ragioni e lontano da quelle allucinate istanze che animano la mano del serial killer. Il forte odio presente nel Mostro di Sarzana si evince dall’elevato numero di colpi sparati contro il Delfini ed il Veneziani: quattordici e tutti a segno, a dimostrazione dell’elevato astio che travolgeva il giovane contro chi aveva cercato di ricattarlo.

Il Vizzardelli un giorno disse: <<Quando mi viene la frenesia non posso trattenermi>> ed ammise che altre occasioni per commettere un omicidio non sarebbero mancate, perché era un istinto al quale non sapeva dire no. Tale affermazione sembrerebbe dare al “Mostro di Sarzana” un’immagine molto vicina al serial killer, tipico che uccide perché spinto da pulsioni che non possono essere trattenute, poiché folli ed irrazionali. Nel caso specifico, si fa un po’ fatica a non considerare elementi indicativi l’interesse personale finalizzato ad acquisire beni materiali o la protezione della sua persona. Infatti, anche l’ultimo omicidio, avvenuto nel 1939, fu conseguenza di un tentativo di furto compiuto negli uffici del Registro dove era impiegato il padre.

Venne scoperto dal custode, Giuseppe Bernardini, e per sottrarsi colpì ben sette volte la testa della vittima con una scure. Senza dubbio un’arma inusuale per chi intende compiere un furto. Elemento emblematico, questo, che permette eventualmente di inserire il Vizzardelli tra i serial killer disorganizzati.

I periti incaricati di valutare la sua salute mentale, segnalarono che il soggetto era caratterizzato da una <<ipotrofia della sfera emotivo-affettiva>> ma esclusero la presenza di effettive forme di psicopatologia. Risultò pertanto che il criminale poteva essere processato perché “delinquente per tendenza”. I suoi crimini gli costarono 167 anni di reclusione ma 5 anni dopo venne riconosciuto schizofrenico e trasferito in un manicomio criminale, dove fu rinchiuso per 28 anni fino a quando ottenne la grazia dall’allora Presidente della Repubblica Saragat, riacquistando così la libertà.

Fu una breve parentesi prima della fine che, come sappiamo, fu determinata nel 1973 dal suicidio. L’effetto scatenante fu un documentario televisivo che parlava dei serial killer che ebbe l’effetto, forse, di scatenare in lui fantasmi mai assopiti e che devastavano la mente di un assassino nato.

Pubblicato da Roberto Loizzo

Avvocato e Criminologo Forense. Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari “A. Moro”, con tesi di laurea su “Le prove non disciplinate dalla legge: le prove scientifiche”; Criminologo Forense con titolo conseguito presso l’Università Carlo Cattaneo LIUC di Castellanza (VA), con tesi di laurea su “L’abuso sessuale infantile: giurisprudenza e mezzi di contrasto; Lavora nell’ambito penale occupandosi di criminalità e minori; Autore di articoli con analisi criminologica dei fatti di cronaca per le testate giornalistiche Barilive.it e CorrieredellePuglie.com; Docente presso Master Universitario di I e II livello in Criminologia Sociale alla PST BIC di Livorno per a.a. 2011 – 2012; Vice Presidente Associazione Culturale InformAEticaMente Vincitore di Principi Attivi 2012; Presidente Sezione Bari Associazione ONLUS "Sentieri delle Legalità" Per info, contattatemi all’indirizzo mail [email protected]