CRIMINOLOGIA e DIRITTO

I SERIAL KILLER: Il mostro di Stretta Bagnera

boggia03E’ sempre difficile e rischioso pretendere di fissare una data di inizio quando si parla di serial killer, poichè non è sempre possibile procedere ad una analisi sistematica e precisa della personalità del singolo assassino seriale. Facciamo quindi partire questa nostra galleria degli orrori nostrani con un personaggio di cui sappiamo poco, così come non ci sono noti tutti i suoi crimini, ma il cui curriculum criminale è particolarmente nutrito.Ci riferiamo ad Antonio Boggia meglio noto come il “Mostro di Stretta Bagnera”.

Nato a Milano nel 1797, Boggia può essere definito un serial killer “anziano” in quanto iniziò ad uccidere a 52 anni superando la classica età media per questo genere di crimini. Le sue vittime furono quattro, tre uomini ed una donna, e vennero uccise in un arco di tempo molto ampio: dieci anni.

All’epoca gli investigatori posero l’accento su un aspetto rilevante tendente, oggi, a creare qualche attrito tra il caso Boggia e la metodologia dei crimini seriali: l’attenzione dell’assassino per i vantaggi economici che poteva trarre dall’omicidio. Senza dubbio, però, nel modus operandi di questo criminale non risultavano di certo assenti atteggiamenti maniacali tipici del serial killer.

Tre dei crimini vennero commessi tutti nello stesso posto, all’interno di uno scantinato sito in una piccola via del centro di Milano, Stretta Bagnera, tra il 1849 ed il 1859. In quel periodo Milano faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico ed Antonio Boggia era un uomo come tanti, la tua attività si concentrava sostanzialmente nella gestione di beni immobili altrui. Era quello che oggi possiamo considerare un amministratore di condominio, probabilmente abituato a vivere bene ma quale che fosse il suo status lo possiamo solo immaginare dato che ci sono ignoti gli aspetti rilevanti della sua biografia che potrebbero, se conosciuti, consentirci di tracciare un quadro approssimativo della sua personalità.

Di certo le vittime non erano sconosciute e tutte loro avevano intessuto con il Boggia qualche rapporto anche di semplice conoscenza e che permisero all’assassino di sceglierle secondo precisi criteri. Gli inquirenti dissero che gli omicidi furono predeterminati soprattutto per motivi di interesse, poichè tre delle quattro persone erano benestanti e con limitati rapporti con i parenti. Escludendo la prima vittima, un operaio, Angelo Ribbone, tra le altre troviamo un commerciante, Giuseppe Marchesotti, un uomo d’affari, Pietro Meazza, ed una anziana donna benestante, di cui parleremo più avanti. Negli omicidi commessi però, oltre a riscontrare l’obiettivo economico, è anche possibile rinvenire gli effetti di una attività maniacale ben precisa.

Dopo le uccisioni, effettuate in un caso con un corpo contundente mentre negli altri con una scure, l’assassino si fermava sul luogo del crimine dedicandosi ad alcune di quelle attività presenti nelle patologie che accompagnano chi uccide non solo per motivazioni criminali dirette – quali sottrazioni di beni, vendetta o altro – ma spinto da un impulso maniacale. In effetti, il Mostro di Stretta Bagnera, dove aver conquistato la fiducia delle vittime, le uccideva per poi compiere azioni che esprimevano una forte patologia psichica: necrofilia, necromanzia. Una delle vittime fu infatti decapitata e fatta a pezzi. Nei giorni successivi all’omicidio, dopo aver fatto sparire il cadavere, il Boggia si dedicava con calma a depredare la casa della vittima, giungendo anche a vendere i mobili per cercare di ricavare la maggiore quantità possibile di denaro. Il fatto che scegliesse le vittime con pochi o nessun parente o amico, è emblematico della sua tecnica di serial killer organizzato, nonostante venisse costantemente travolto dalla forte tensione scaturita dallo scontro tra momenti di lucidità e momenti di follia.

Forse fu proprio l’avidità a renderlo vulnerabile. Nel 1859, infatti, venne arrestato perchè una potenziale vittima, già colpita con una bastonata sulla testa, riuscì a fuggire e dare l’allarme.

Malgrado le pesanti accuse che gravavano su di lui, Antonio Boggia riuscì a beffare polizia e giudici facendosi credere pazzo ed ottenendo la scarcerazione. A conferma di quanto il Boggia fu convincente a farsi credere pazzo, c’è un passaggio dell’analisi condotta da Cesare Lombroso all’interno dei manicomi criminali che parla del Boggia:

L’invio ai manicomi è seguito da altri malanni. Essi vi portano tutti i vizi e le abitudini delle classi immortali d’onde sortirono; continuo vociferatori ed attaccabrighe, pieni di morbosa idea di sè medesimi, si mostrano scontenti sempre del trattamento del’asilo, e reclamano come un favore il ritorno alla prigione; si fanno apostoli di sodomie, di fughe, di ribellioni, di furti a danno dello stabilimento e degli ammalati stessi a cui coi loro metodi osceni e selvaggi e colla triste nomea che li precede, destano spesso paura e ribrezzo come li desta nei congiunti il sapere accomunati con essi i propri cari: chi non sentirebbe orrore di avere avuto un figlio compagno di dormitorio con Boggia?” (Tratto da Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 1872).

Appena fuori di prigione, il Boggia incontrò una anziana donna molto ricca. L’incontro alimentò le sue fantasie omicide, senza però lasciare indenne la sfera degli interessi. La donna si chiamava Ester Maria Perrocchio, aveva sessant’anni e bisogno di qualcuno che volesse amministrare l’edificio in cui viveva. Quale occasione migliore per il Mostro di Stretta Bagnera.

Carpita la sua fiducia, il Boggia uccise la donna con un colpo di scure, decapitandola. Questa volta, però, scattò in lui qualcosa di diverso, forse un nuovo desiderio di relazionarsi il più a lungo possibile con la vittima. Dopo aver ucciso la Perrocchio, trascorse tutta la notte accanto al suo corpo. La mattina seguente, il figlio della vittima scoprì i due facendo arrestare il Boggia. Sul momento in cui è stato compiuto il gesto dell’omicidio, il serial killer dirà: <<Mentre la donna parlava, vidi la scure: mi colse un estro e vibrai un fortissimo colpo in testa>>. Questa volta, però, i giudici non si fecero ingannare e condannarono il Boggia alla impiccagione. Era il 18 novembre del 1861. A quel punto le imprese del Mostro di Stretta Bagnera erano finite per sempre.