CRIMINOLOGIA e DIRITTO

SERIAL KILLER: La saponificatrice di Correggio

leonarda-cianciulli-museumGli omicidi seriali sono quasi sempre compiuti da individui maschi. Solo in casi piuttosto rari si incontra una donna serial killer che, secondo le percentuali elaborate, costituisce circa il 5% del fenomeno.
In genere va comunque considerato che il sesso femminile partecipa in misura minore al crimine. Solitamente si tratta di categorie apparentemente insospettabili – casalinghe, infermiere, cameriere – che, a differenza del serial killer maschile, si spostano poco; nella maggioranza dei casi la donna non uccide perché spinta da motivazioni sessuali o per parafilie di tipo sadico, ma per motivi pratici, come denaro o vendetta, e predilige il veleno.

Vi sono casi che hanno fatto storia come quello di Sally Skull, la famosa vedova nera che secondo le cronache si sposò sei volte e forse uccise cinque dei suoi mariti: non furono mai rinvenute prove sufficienti da attribuirle gli assassini, ma furono in molti a sospettare che la donna li avesse eliminati sistematicamente per impossessarsi dei loro beni.
Sulla scia di Sally Skull è stata posta Amy Archer-Gilligan che gestiva una casa di cura per anziani e handicappati: pare che la donna abbia ucciso, probabilmente per motivi di interesse, quarantotto degli ospiti della clinica. La donna si riconobbero colpevole solo di cinque degli omicidi attribuiti.
Molto simile per modus operandi al serial killer maschile, anche se con caratteristiche che riguardano l’omicida che opera in seno ad una setta, il caso della contessa Erzsébet Bathory che nel XVI secolo fece uccidere moltissime fanciulle per usare il loro sangue al fine di conservare magicamente la propria gioventù.
Oggi l’FBI pone tra il 5% ed il 10% i delitti seriali attribuiti le donne; inoltre va anche considerato un fatto importante: una percentuale di donne Serial killer ha operato in collaborazione con un uomo.

Come per gli uomini, anche le donne serial killer hanno alle loro spalle episodi di violenza in ambito familiare, principalmente violenze sessuali, il che ha determinato uno sviluppo precoce della sessualità.
Generalmente le donne serial killer sono una prerogativa dei paesi industrializzati, in cui i ruoli tra maschi e femmine non sono definiti da regole precise e dove si tende ad assegnare alla donna mansioni inferiori, profondamente dominata dal potere maschile come invece si verifica in numerose culture tradizionali. Le vittime sono sempre persone deboli (anziani principalmente, ma anche bambini molto piccoli) nei confronti dei quali gli assassini praticano una sorta di opera, compiuta seguendo un folle disegno liberatorio. Va inoltre considerato che, nella quasi totalità dei casi, le donne che compiono omicidi seriali si avvalgono del veleno. Più lucida e calcolatrice è la mente di quelle donne che colpiscono parenti stretti (spesso il marito) con la primaria intenzione di impossessarsi di ricche eredità, o liberarsi da vincoli.

Nella tipologia di donna serial killer possono entrare in gioco connessioni con la cosiddetta sindrome di Münchhausen, che colpisce donne che inventano malattie per i loro figli con l’intenzione di ucciderli. All’identica tipologia si lega il complesso di Medea che consiste nell’omicidio della prole attuato per punire il marito, al quale si sottraggono per sempre i figli, in un delirio di onnipotenza omicida. Molte biografie di donne criminali, non solo serial killer, riportano dati comuni in cui sono documentate esperienze di violenza subita in età adolescenziale ma anche da adulte, spesso da parte del marito. Questa importante condizione, unite alla difficoltà di mantenere rapporti stabili, ricade pesantemente sul senso di abbandono e di solitudine, favorendo lo stress dal quale può prendere sostanza la ricerca di rivalsa con esperienze anche molto violente.

Un caso italiano che è profondamente entrato a far parte del modello di omicidio seriale femminile è senza dubbio quello relativo a Leonarda Cianciulli. Personalità misteriosa, la donna seppe sollevarsi dalla miseria ed trasformare la sua esistenza, travolta dalla disgrazie dalla sofferenza, in una vita dignitosa e per certi versi agiata.
Nacque nel 1892 a Montella, in provincia di Avellino, da Emilia di Nolfi che fu rapita e stuprata da un compaesano che puoi la sposò perché rimasta incinta. Leonarda, figlia di quella violenza, fu sempre considerata colpevole dalla madre, che nutriva nei suoi confronti un profondo risentimento. La sua fanciullezza fu quindi contrassegnata dalla solitudine e dall’abbandono tanto che tentò due volte di suicidarsi. Questo gesto portò la madre a maledire la figlia, azione che ebbe nella psiche di Leonarda un notevole effetto drammatico, tanto da convincerla che la maledizione materna avesse effetti devastanti sulla sua esistenza. Restò incinta 10 volte ma 8 figli morirono tanto che la Cianciulli disse che i piccoli perirono in seguito al malocchio lanciatole dalla madre il giorno del suo matrimonio. Per combattere gli effetti devastanti di tale maledizione, frequentò numerose fattucchiere mettendo in atto una procedura difensiva basata sulla magia. Al termine di tale “prevenzione magica”, nacquero altri quattro figli, Giuseppe, Bernardo, Biagio e Norma che crebbero senza problemi.

Nel 1930 il terremoto abbattutosi sull’Irpinia distrusse ogni bene della famiglia Pansardi che si trasferì in Emilia, a Correggio. La dura prova segnò profondamente il marito che si abbandonò al vino, mentre Leonarda si diede da fare per cercare di risollevarsi economicamente. Organizzò, infatti, un piccolo commercio di abiti usati mentre, parallelamente, iniziò ad offrire servizi di chiromanzia ed astrologia ad un gruppo di clienti che man mano aumentava di numero. L’attività rendeva bene e con il contributo statale dato a chi fu vittima del terremoto, la Cianciulli migliorò il proprio status, cambiò casa, assunse una domestica e fece studiare i figli. Il marito, nel frattempo, se ne era andato.

Gli incubi erano scomparsi e Leonarda era riuscita a liberarsi del fantasma maledicente della madre. Era però tutta un’apparenza, perché lei temeva per la vita dei propri figli, in particolare per i figli maschi, che potevano essere chiamati a combattere. Una soluzione le giunse in sogno: <<Mi apparve la Madonna, la quale mi disse di sacrificare una vita per ognuno dei miei figli, solo in questo modo sarei riuscita a salvaguardarli>>. Questa fu la dichiarazione che rilasciò la Cianciulli al processo e che indusse i Giudici a considerarla una schizofrenica e quindi a stabilire una condanna meno pesante di quella prevista. Le vittime da sacrificare furono individuate in donne che si erano rivolte a Leonarda per conoscere il proprio futuro attraverso le arti divinatorie. A cadere nella rete furono tre: Faustina Setti, Clementina Soavi e Virginia Cacioppo. A tutte tre diceva di aver trovato, in altre città, un potenziale marito o un lavoro, tanto che le vittime vendevano i loro beni, lasciandone la gestione per procura a Leonarda, ma immediatamente dopo sparivano.

La prima aveva 73 anni, era nubile e la Cianciulli le disse che l’avrebbe fatta incontrare con un parente ad Avellino per dare inizio ad una relazione finalizzata al matrimonio. Dopo essersi fatta rilasciare dalla vittima una delega per poterle gestire i beni, Leonarda la colpì con un’ascia staccandole la testa. Tagliò poi il corpo in nove parti con una sega e, quindi, li fece bollire nella soda caustica per nove ore.

La seconda vittima aveva 55 anni e nella propria abitazione aveva realizzato un piccolo asilo in cui raccoglieva i bambini della zona. La Cianciulli le disse di averle trovato un buon posto come direttrice di un collegio fiorentino. Anche in questo caso la donna venne uccisa e ridotta in pezzi che finirono nel solito pentolone con la soda caustica. Come nel caso precedente, i beni della vittima vennero immediatamente rivenduti.

La terza era una vedova di 59 anni a cui la saponificatrice aveva detto di essere nella condizione di trovarle un posto di lavoro in Toscana. La vittima scomparve e i suoi beni furono messi in vendita.

In genere i corpi venivano selezionati, le parti più grandi fate bollire nella soda caustica e quindi buttati nel pozzo nero. Il sangue, mischiato a zucchero, margarina, farina e cioccolato, serviva per realizzare torte e pasticcini offerti alle amiche. Secondo numerosi testimoni i dolci erano di notevole qualità!!

Inizialmente fu ritenuto responsabile anche il figlio Giuseppe, poi assolto.

Quando fu scoperta la saponificatrice non nascose la verità è narrò con dovizia di particolari la sua insolita tecnica culinaria: <<Dopo aver fatto a pezzi il cadavere, mettevo il pentolone sul fuoco la sera alle 19:00 e per tutta la notte lo lasciavo andare, fino alle 04:00 del mattino. Il calderone conteneva cinque chili di soda caustica in ebollizione. I pezzi non adatti alla saponificazione venivano deposti in un bidone a parte, li versavo un po’ nel gabinetto e un po’ nel canale che scorre vicino casa mia. Finita l’operazione, mi accorsi che nel sapone c’erano dei pezzi più duri. Erano le ossa che non ero riuscita saponificare ma che erano diventate fragilissime, tanto che si frantumavano nel toccarle. Il sangue, di solito, lo riunivo con marmellata, con cioccolato, aromi di anice e vaniglia, oppure garofano e cannella. Qualche volta queste torte le offrivo alle visitatrici, aggiungendoci un pizzico della polvere ricavata dalle ossa delle morte>>.

Leonarda fu mossa soprattutto da motivazioni di ordine economico. L’intento della donna era infatti determinato ad impossessarsi dei beni delle vittime. Le donne, circuite con le abilità tipiche del serial killer organizzato, si consegnavano inconsapevolmente alla morte, avendo invece la certezza dell’occasione per migliorare la loro condizione. A differenza del normale modus operandi femminile, la Cianciulli si relazionava con i cadaveri, bollendo i corpi e sfruttando il sangue e le ossa per preparare dolci da offrire. Una sorta di rito, quest’ultimo, che sembrerebbe quasi determinato a coinvolgere altre persone nel “cerchio di morte” messo in atto con indubbia abilità. La Cianciulli si dimostrò quasi sempre consapevole dei propri crimini tanto da scandalizzarsi delle accuse che la indicavano come un’assassina mossa dal solo interesse. Cercò infatti di far valere sempre le motivazioni magiche che richiedevano un tributo di sangue per sconfiggere le oscure forze negative pronte ad abbattersi sui suoi figli. Al suo processo infatti affermò: <<non sono contenta di ciò che ho fatto, ma lo rifarei, perché uccidendo quelle tre donne sono riuscita a beffare la morte e ad impedirle di stamparmi mio figlio […] Non ho ucciso per odio o avidità, ma solo per amore di madre>>.

Non ho ucciso per odio o avidità, ma solo per amore di madre

L’isterica esasperazione dell’istinto materno e l’affermazione del pensiero magico, sconvolsero il già fragile equilibrio della donna la cui psiche probabilmente era minata da tempo. Si racconta, infatti, che da bambina fosse un po’ strana perché parlava da sola e si riferisse agli oggetti come se fossero creature viventi.

Fu considerata inferma mentalmente ma i Giudici precisarono una cosa in Tribunale: <<con questo non intendiamo negare che la mente dell’imputata sia malata: quale persona sana avrebbe potuto compiere simili atrocità? Ciò che crediamo di essere riusciti a provare è che nella sua follia questa donna agì con sorprendente lucidità […] L’ha fatto soltanto per denaro, il denaro delle sue povere, sfortunate vittime. L’avidità è il demone che ha spinto la Cianciulli ad uccidere. Non ve ne sono altri!>>.

Secondo uno stereotipo ricorrente nei Serial killer femminili, quindi, anche la “saponificatrice di Correggio” aveva operato spinta dall’interesse e dal desiderio di appropriarsi dei beni delle proprie vittime. I massacri furono una conseguenza che certo si innestavano bene nelle dimensioni magico-occultiste attuata come protezione contro il potere di una antica maledizione. Una maledizione che accompagnò la Cianciulli fino al 15 ottobre 1970, quando morì, all’età di 78 anni, nel manicomio criminale in cui era stata rinchiusa con i suoi spettri.

Pubblicato da Roberto Loizzo

Avvocato e Criminologo Forense. Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari “A. Moro”, con tesi di laurea su “Le prove non disciplinate dalla legge: le prove scientifiche”; Criminologo Forense con titolo conseguito presso l’Università Carlo Cattaneo LIUC di Castellanza (VA), con tesi di laurea su “L’abuso sessuale infantile: giurisprudenza e mezzi di contrasto; Lavora nell’ambito penale occupandosi di criminalità e minori; Autore di articoli con analisi criminologica dei fatti di cronaca per le testate giornalistiche Barilive.it e CorrieredellePuglie.com; Docente presso Master Universitario di I e II livello in Criminologia Sociale alla PST BIC di Livorno per a.a. 2011 – 2012; Vice Presidente Associazione Culturale InformAEticaMente Vincitore di Principi Attivi 2012; Presidente Sezione Bari Associazione ONLUS "Sentieri delle Legalità" Per info, contattatemi all’indirizzo mail [email protected]